La Perla del Tigullio si dice dai tempi dei Fenici.
Ma pochi ne hanno colto l’anima, affascinati dalla tavolozza dei colori che offre il porto dei delfini sino dall’epoca dei Romani. Il viaggiatore si lascia subito ammaliare dai colori pastello delle case guizzanti nell’acqua, del porticciolo affollato di barche che dall’alto dei loro alberi maestri sembrano salutarlo con quel perenne dondolio che invita a guardare più in alto, da dove, quasi nascosto dal verde del Parco, il Castello Brown fa da maestoso protettore.
Portofino
Portofino
Eppure l’Albatros, quel peschereccio attraccato al Molo Umberto 1°, non si cura nè di lui nè del turista che si ostina a fotografarlo. Impassibile come lo sguardo scaltro del noleggiatore di barche, sul molo opposto. Dietro il pannello del suo minuscolo quanto nitido ufficio, il barcaiolo, scalzo ma dal portamento elegante, scruta e non si lascia scrutare, nascondendosi quasi tra l’Ancora, che propone inaspettati abbigliamenti alla moda, e ristoranti come la Gritta che allunga un piede marino su un’ondeggiante piattaforma, tangibile quanto contraddittorio invito a salpare senza staccarsi da riva. Ma la danza incessante di barche, gozzi e vele ti spinge inesorabile a prendere il largo. E se l’anima di Portofino si leggesse negli occhi dei suoi abitanti e trasparisse dalle parole di chi ti serve un paciugo, una leccornia, come si racconta da Mariuccia, il bar che si allarga intrepido sulla piazza, una leccornia o meglio un pasticcio nato per caso, come per caso è nato quest’incontro più inconsueto che raro tra il mare e il monte.
Allora è meglio girovagare nel cuore del Centro storico e infilarsi negli stretti vicoli ombrosi dove spicca L’Eden, un albergo davvero paradisiaco, entrare nello Zeffiro , giusto di fronte al Teatrino, in Vico diritto, vera caverna di Ali’ Babà alla portata di tutti e ascoltare la saggezza di Luciano che racconta la sua Portofino.
E i ricordi di Luciano che snocciola la memoria del porticciolo ti danno voglia di tornare di nuovo sui moli dove magari ti attende una sorpresa: quella barca blu che ti attirava laggiù in fondo prima del cancelletto della Capitaneria di Porto si chiama “Rimani”.
Castello Brown, è un’antica fortezza militare realizzata sui resti di un Castrum romano, e posta in posizione elevata all’ingresso dell’insenatura di Portofino.
Il Castello è stato edificato intorno al X secolo e fu oggetto di assedi e di vari tentativi di occupazione da parte di pirati Saraceni, fino ai primi anni del XV secolo.
Le prime notizie ufficiale risalgono al dominio da parte dei Visconti di Milano dal 1425 al 1435, e ad un attacco veneziano al borgo, nel 1432, sventato appunto dal Castello.
La Repubblica Genovese avviò, nel corso del XVI secolo lavori di ampliamento della fortezza con l’aumento dei volumi interni.
Ulteriori lavori di rafforzamento furono effettuati nel 1624 e, successivamente, tra il 1725 e il 1728.
Con l’occupazione della Repubblica Ligure da parte dei Francesi di Napoleone nel 1797, furono effettuati ulteriori lavori di potenziamento della struttura difensiva.
Castello Brown
Dopo il Congresso di Vienna, col passaggio di Portofino al Regno di Sardegna prima ed al regno D’Italia poi, il Castello perse la sua importanza strategica e venne quindi dismesso e disarmato nel 1867. Nello stesso anno fu acquistato da Sir Montague Yeats Brown, console inglese a Genova.
Il Castello passò poi di proprietà dell’inglese John Baber a cui si devono le notizie storiche a noi pervenute.
Dal 1961 il Castello è di proprietà del comune di Portofino che ha provveduto ad un restauro conservativo ed al suo utilizzo come sede di manifestazioni ed eventi culturali.
Il Castello, con il suo giardino ricco di pergolati, roseti e fiori vari che consente un panorama incantevole sulla baia, è aperto a visite turistiche.